Intervista a Giancolombo

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L'impresa di Churchill

Nel 1951, Giancolombo è a Venezia, città che conosce come le sue tasche. Questa volta l'obiettivo era di fotografare niente poco di meno che Churchill, il primo ministro inglese che aveva sostenuto le sorti dell'Inghilterra nell'interminabile 2° guerra mondiale. E Churchill ci teneva a fare il bagno nella bella Venezia. Considerava il suo tuffo mattutino al lido un piacere irrinunciabile. Di avvicinarsi a lui neanche a parlarne, la zona era tutta transennata e la polizia non faceva passare nessuno senza controllarlo. Nè da terra, né dal mare, dove le forze dell'ordine si erano attrezzate con tanto di barchette. "Naturalmente i fotoreporter erano tutti banditi. Era lì per il festival di Venezia e tutti sapevano di quell'abitudine. Il luogo era ben conosciuto: accanto alla diga dell'hotel Excelsior. E l'ora era sempre la stessa: le 11 di mattina. Tutti i fotografi che avessero con sè un teleobiettivo sufficientemente potente - molti avevano dei veri e propri cannoni - li avevano piazzati sui tetti degli alberghi vicini" ricorda Giancolombo.

Ma niente da fare: lui risultava sempre minuscolo in ogni inquadratura, sebbene la sua notevole mole. "Studiai attentamente la situazione e decisi di travestirmi da turista inglese". A Giancolombo per i suoi connotati fisici veniva bene. L'aveva già sperimentato che il trucco funzionava: bidonisti e pataccari nelle località turistiche pensavano sempre fosse un turista straniero e cercavano di rifilargli ogni volta fregature. Pantaloni bianchi e camicetta azzurra, una cravatta dal colore impossibile, scarpe gialle e occhiali neri, in testa un cappello alla Jacques Tati. Più anglosassone di così. "La sera prima mi accordai con il bagnino, che stava sempre lì di guardia per dare una mano agli sbronzi che vanno a fare il bagno all'alba. Gli avevo affidato la mia macchina, una primerflex con un teleobiettivo di 165 mm.".

Alle prime luci del giorno così conciato e con la pipa in bocca

se ne andò a far finta di ammirare il sole sulla spiaggia.

I poliziotti intorno riorganizzavano come ogni mattina la loro rete di protezione contro fotografi, giornalisti e

malintenzionati. "Un paio di loro mi si avvicinò, e mi rivolse la parola. Ma io, biascicando con accento che a loro apparve oxfordiano una serie di - I'm sorry, non capire, I don't understand, excuse me - li convinsi della mia origine anglosassone". Il bagnino gli venne in soccorso, tanto si erano già messi d'accordo. "Cossa perdè tempo" disse "El xe un po mato. El passa il tempio a vardar le onde". Fu piuttosto convincente. E i poliziotti decisero di lasciare perdere.

Centro metri di distanza avevano proclamato ordini severi da Roma. Di brutte figure non bisognava farne con un ospite così importante: schieramento di polizia scientifico e i fotografi ben distanti. "Nel momento stesso in cui Sir Winston entrò in acqua, io mi levai gli occhiali e mi tuffai. Così com'ero, vestito di tutto punto". Giancolombo si era organizzato: aveva calcolato esattamente la profondità del fondale in modo da emergere solo delle spalle. Il fedele bagnino gli passò la macchina e lui cominciò a scattare. "Ormai Churchill era a sei- sette metri da me. Sguazzava allegramente, sollevava alti spruzzi, si riempiva la bocca d'acqua che sembrava un ragazzino".

 

       

 

Il primo ministro non ci mise molto a capire cosa stesse succedendo. E cominciò a urlare a perdifiato. "Io in quel momento avevo finito il primo rullo e, sempre immerso fino al collo, con le braccia protese in alto, stavo cambiando pellicola". Era scoperto: poliziotti inglesi e italiani non ci pensarono due volte a buttarsi in acqua ancora in uniforme ed a inseguirlo. Giancolombo non è uno che molla facilmente: mentre si diede alla fuga continuò a scattare. Il problema era dove fuggire. Come in ogni racconto rocambolesco che si rispetti c'è sempre chi ti toglie dai guai. Una barca gli si avvicinò e due braccia provvidenziali lo sollevarono. "Erano il collega Dino Jarach, e il giornalista Franco Schepis, che con un pattino erano venuti in mio soccorso. Remando di foga mi portarono ad un centinaio di metri più in là lungo la spiaggia ".

Rimaste al largo le barchette delle forze dell'ordine e indietro

i poliziotti in acqua, con quelli a terra costretti a fare il giro lungo della strada, il Giancolombo ebbe tutto il tempo di infilarsi in una cabina, spogliarsi di tutto e confondersi con gli altri bagnanti. Infilandosi prima i rullini dentro al costume, naturalmente. "Beffai così la polizia, in piena agitazione, passandole accanto con gran disinvoltura, come niente fosse". Di corsa all'albergo, abiti nuovi, e poi con il rullino via all'aeroporto di San Nicolò prima possibile. Un'ora dopo, con l'aereo per Milano in volo e il rullino al sicuro, il colpo risultava riuscito perfettamente. E poi, come ogni buon criminale, il Giancolombo volle ritornare sulla scena del delitto. Stavolta la polizia, che aveva capito bene cosa fosse successo, ci mise un attimo a fermarlo. Ma ormai era fatta. Winston Churchill, informato degli eventi, fece buon viso a cattivo gioco. "Seguirono tante scuse al primo ministro e la pubblicazione delle fotografie su Life" conclude Giancolombo.


La beffa delle nozze del secolo  Avanti

 

Bibliografia: Le vostre novelle - Settimanale illustrato - 2 luglio 1960; Oggi - Settimanale di politica attualità e cultura - 31 dicembre 1959; Corriere d'Informazione - 24/25 maggio 1962; Il Giornale - quotidiano - 14 novembre 1982