"E De Sica fece il miracolo" di Enrico Mannucci
Sette, 2002
E' il fotografo senza nome proprio: lo perse, inglobato
nel cognome, per una svista di stampa trasformata in un secondo battesimo. Così Gian Battista Colombo, veneziano del 1921, diventò Giancolombo, uno dei grandi protagonisti della stagione che vide affermarsi il fotogiornalismo in Italia: quel secondo dopoguerra, quando nacquero i rotocalchi, la cronaca nera e quella mondana impazzivano dopo la lunga sordina imposta dal fascismo, arrivavano dai noi i miti, più o meno veri della "press" americana.
Giancolombo dirige ancor oggi l'agenzia fotografica omonima famosa per quasi mezzo secolo nella stampa nazionale. E non solo quella nazionale. Giancolombo rappresentava in Italia la United Press. Poi fu uomo di fiducia di Paris Match.
Con Bob Capa avevano una gag: "Io gli chiedevo", racconta, "se quel giorno andava a whisky o grappa. Lui inventava sempre un liquore nuovo. Se eravamo in Francia mi correggeva: 'Oggi vado a Pastis' ".
Per Cartier Bresson lavorò qualche mese da assistente:
"Lo osservavo, lo studiavo.C'era una sola condizione: che non tirassi mai fuori la macchina quando ero con lui, non voleva essere fotografato".
Come si usa dire, comiciò per caso.: "Un giorno al ristorante Bagutta, c'era Angelo Magliano, direttore del Corrirere Lombardo, disperato perchè Federico Patellani,
il suo primo fotografo, l'aveva abbandonato. Mi offrii di sostituirlo e andò bene". Naturalmente la leggenda non è
del tutto vera: fin da ragazzino, quando aveva ancora il nome, Gian Battista si era appassionato a fotografare i teti di Venezia ripresi dalle finestre di casa. Nella Milano del dopoguerra fece colpi clamorosi: Bellentani e Rina Fort fra tutti. Nel primo caso era a Villa d'Este e ritrasse dieci minuti prima del delitto, la Bellentani con l'amante che poi lei avrebbe ucciso.Nel secondo scattò crudissime foto sulla scena
del massacro che fece tremare l'Italia e introdusse nel linguaggio comune il termine "magliaro".
Sempre a contatto con i migliori giornalisti dell'epoca:
"Il più grande? Dino Buzzati. Mi mandò cinque volte di seguito a fotografare la chiesa di Santa Francesca Romana. Tornavo con gli scatti e lui, ogni volta, mi diceva che non andavano. Alla quinta, nell'inquadratura c'era anche una ragazza in bici che passava per caso, lievemente ''mossa''.: 'Ecco la foto' disse Buzzati tutto contento".
Poi fotografo affermato si dedica ai reportage, eventi mondani e culturali, ritratti di celebrità. I Festival di Venezia e di Cannes. Una serie su Churchill che fa il bagno al Lido di Venezia. Picasso e Matisse. Marlene Dietrich e Brigitte Bardot di cui, anzi, divenne molto amico. De Sica, Zavattini, Stoppa erano incontri ricorrenti, qua e là per il mondo.
Riguardo le foto durante le riprese di Miracolo a Milano, c'è
il ricordo del regista: "De sica era sempre molto distaccato. Gentile e coretese ma vero signore meridionale, non dava
mai molta confidenza".